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Brontolone, cinico, pigro, bugiardo: Cesare Annunziata potrebbe essere descritto così, senza troppi giri di parole. Come quella volta in cui, pur di attaccare bottone con la ragazza che sarebbe diventata sua moglie, si inventò di essere un appassionato collezionista di scatole di fiammiferi — e finì per collezionarle davvero per oltre cinquant’anni, suo malgrado.
Ora, vedovo e ottantenne, Cesare affronta giornate vuote e acciacchi sempre più insistenti in un agosto deserto al Vomero. Nel suo condominio sono rimasti in pochi: la dirimpettaia fissata con i gatti e ossessionata dalla telecamera all’ingresso, l’amico di una vita con cui gioca da anni la stessa interminabile partita a scacchi, e Lady Blonde, un’adolescente perennemente incollata al cellulare. Ma soprattutto ci sono i ricordi, subdoli e inarrestabili, che si insinuano ovunque.
Lui, che si è sempre dichiarato immune ai sensi di colpa, si ritrova ora a fare i conti con domande ingombranti. E se fosse stato più dolce, più deciso, più aperto? Se avesse avuto il coraggio di lasciare sua moglie? Se avesse trascorso più tempo con i figli? E se, in fondo, avesse sbagliato tutto?
Poi, un giorno, durante una passeggiata al parco con Batman, il cane affidatogli dalla figlia, Cesare nota una ragazza dai capelli corti punteggiati di viola. Si chiama Iris e ha uno sguardo fragile, familiare. Nasce così una strana, goffa ma sincera amicizia, in cui Cesare trova un conforto inaspettato.
D’un tratto, la vita smette di essere fatta solo di rimpianti e ricordi. Ci sono persone di cui occuparsi, responsabilità che lo fanno sentire nuovamente vivo. Non c’è più tempo per rimuginare, ma per agire, per tendere la mano.
Perché a volte la vita accade quando meno te lo aspetti. E bisogna trovare il coraggio di afferrarla prima che scappi via.